Buongiorno!
Finalmente, ufficialmente, il 21 ottobre è arrivato anche il mio turno di lasciare l'università. Ed era anche ora, visto che ho finito gli esami da quasi un anno ormai, cioè da dicembre dell'anno scorso. Queste tesi di laurea sono eterne.
Inoltre, voglio un lavoro vero, ne ho piene le scatole di sballottarmi fra diversi lavori a chiamata. Attualmente sono a chiamata in ben 3 bar e vado anche a dare ripetizioni a dei ragazzini. Un mucchio di sbattimento per avere nemmeno la metà di uno stipendio vero. Per carità, meglio che non avere nulla, ma è veramente dura organizzarsi così. Del resto, ora che vivo con il mio ragazzo e che progettiamo di ristrutturare un appartamento nostro, è fondamentale che io trovi un lavoro serio, così da poter andarcene da quello in affitto il prima possibile.
Così, giocando d'anticipo, ho iniziato a mandare curricula ovunque, in qualsiasi posto io potessi anche solo lontanamente sperare di entrare.
Ormai sarò arrivata a 50 curricula consegnati e inviati e indovinate gli unici che mi hanno risposto?
Un call center!
Si, perchè, fra copia e incolla mail di possibili datori di lavoro, per sbaglio ho mandato il curriculum anche a un call center. Mi hanno richiamata dopo 10 minuti appena. Sembrava quasi una profezia che si avvera: i laureati lavorano nei call center, e basta.
Comunque, ho rifiutato senza remore, che tanto, se dovessi fare la fame, sono sicura che mi assumerebbero di nuovo.
Finalmente, ieri mi chiama uno studio dentistico cui avevo mandato il curriculum due mesetti fa, dicendomi che mi avrebbero ricevuta per un colloquio. Ora, in attesa del colloquio mi prende l'ansia da prestazione: fra le mie colleghe ne ho sentite di tutti i colori sui colloqui, e fra l'altro mai che gliene andasse bene uno. Poi, come ci si veste ad un colloquio? Io ho solo magliette nerdissime con i personaggi dei cartoni animati -.- Mi sa che urge mettere una camicetta da colloquio nell'armadio. Poi una volta assunta si beccano i supereroi! Frega niente se sarò assistente al dentista, tanto avrò il camice sopra.
Scherzi a parte. La prospettiva del colloquio mi ha messa nell'ordine di idee, che si, ora nelle file dei disoccupati che cercano di orientarsi fra curriculum, colloqui, "ma noi cerchiamo con esperienza", ci sono anche io. O meglio, ci sarò dal mese prossimo. La cosa peggiore, è che avendo fatto una facoltà che ha a che fare con la cultura, il mio titolo di studio è carta straccia. Ma questo lo sapevo dall'inizio. In fondo, noi laureati in facoltà umanistiche siamo degli psicopatici che amano farsi del male. Scherzi a parte: non mi pento assolutamente della mia scelta e continuo ardentemente a sperare che un giorno l'Italia si svegli dal sonno e si renda conto di quello che potrebbe avere in mano.
Vabbè, nella realtà odierna però mi tocca cercare qualsiasi lavoro. Spero vivamente che mi vada bene questo colloquio, così sarei a due passi da casa a fare un lavoro che tutto sommato è pure carino. Ho appena avuto la forza di uscire dall'università, uno un po' di tregua se la merita no? Non potete ributtarmi subito nell'arena!
Se vi interessa, le prospettive più rosee per il mio futuro sarebbero nell'ordine:
- trovare lavoro nel mio campo (impossibilissimo, ma io continuo a credere che finirò dietro una scrivania a caso, o nel peggiore bar di Caracas e un giorno qualcuno riconoscerà il mio genio e mi offrirà il lavoro dei miei sogni)
- prendere un maledettissimo dottorato e continuare almeno per altri 3 anni a illudermi che un giorno sarò archeologa (soprattutto a illudermi, ma pagata). Questa è un'altra opzione quasi irrealizzabile, ma io sono una che non demorde. Ci proverò. So che è una possibilità su un milione, ma me ne basta una per provarci.
Ah, l'Italia, che posto sbagliato per laurearsi. Che poi, io mi lamento della mia laurea in archeologia che per il nostro caro governo è equiparata al diploma delle superiori o alla licenza media quando va male (non sto scherzando, tutti voi siete archeologi al mio stesso livello per lo stato, sappiatelo. In Italia la mia categoria lavorativa non è riconosciuta), ma una delle mie colleghe al bar, è laureata in giurisprudenza e non è che le vada granchè meglio. A me andrebbe bene anche se va bene un qualsiasi colloquio a lei, così io subentro fissa al posto suo.
Il bar mi piace. Mi piace più dell'ufficio. Sono una persona piuttosto dinamica, credo che l'ufficio mi manderebbe in depressione con la sua routine.
Ma vabbè, in tutto ciò, non è che stia a piangere e lamentarmi, a me basta che chiunque dia un lavoro, per realizzare almeno alcuni dei miei progetti da adulta, ecco.
Sono una persona assolutamente poco schizzinosa in questo senso, ed è per questo che mi sono permessa di fare ciò che mi piaceva.
Auguratemi un in bocca al lupo, e vi farò sapere se io, che ho evitato medicina come la peste, finirò in uno studio dentistico (l'ultima cosa a cui avrei pensato, giuro!).
Un bacio,
Life.
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sabato 26 settembre 2015
mercoledì 11 febbraio 2015
Riflessioni di una quasi ex-studentessa
Il periodo di preparazione della tesi è stressante.
Gli esami sono quasi meglio, uno si impegna, ma trova il tempo per vivere, al massimo rimedia una figuraccia il giorno dell'esame, ma niente di irreparabile -nella maggior parte dei casi.
La tesi sa essere distruttiva e non ci si può permettere di sbagliare.
Momenti in cui si vaga in un tunnel buio attendendo che un relatore impietosito si decida a dirti dove sta l'interruttore della luce, una corsa folle verso l'uscita per ritrovarsi nella medesima situazione poco dopo.
Uno ci prova anche ad arrangiarsi, ma ogni tanto un aiuto serve ed è anche dovuto.
A volte vorrei avere già finito il tutto, a volte invece guardo con nostalgia a ciò che accadrà di me dopo il fatidico giorno; al di là del "benvenuta nel mondo dei disoccupati", ho trovato una branca che mi piace tantissimo e grazie al cielo un ambiente di lavoro molto buono, con un relatore che sebbene evanescente come solo loro sanno fare, di tanto in tanto si degna di valutare i miei impulsi vitali, ed è incredibilmente competente. Cosa che naturalmente non fa che aumentare l'ansia e il desiderio di essere valutata bene da lui.
Ecco, rinunciare a lavorare in questo ambito mi dispiace davvero. Non pensavo di dirlo mai, soprattutto dopo la tragica esperienza maturata in triennale e durante i due successivi anni di specializzazione. Specializzazione di cosa poi? Università organizzate con i piedi, in cui uno può fare niente e uscire con una laurea in mano senza troppi inciampi.
Eppure si, mi sto trovando bene con il mio progetto, mi piace e vorrei continuare, ma l'unico modo conosciuto è una borsa o un contratto di ricercatrice.
Le speranze sono le ultime a morire, ma in un paese che si preoccupa della cultura come il nostro, ho idea che non siano neppure mai nate.
Così mi avvicino al traguardo altalenando attimi di euforia a momenti di sconforto quando il lavoro fatto sembra una briciola in un oceano di cose da fare. E il tempo scorre.
Nei pochi momenti che alzo la testa dalle miriadi di cose da fare, però, guardo indietro e sono soddisfatta. Soddisfatta di aver portato a termine un simile percorso e con ottimi risultati -almeno fino ad ora. Forse è vero, quasi tutti frequentano l'università, ma ciò nonostante non posso fare a meno di sentirmi bene notando il lavoro che ho fatto e come lo ho fatto. Come ripeto spesso io sono una persona scostante, portare a termine le cose non è da me, di solito mi perdo nel mentre e poi vengo attratta da altro. Ma sto per finire l'università, in tempi ottimali e con ottime votazioni. Incredibile!
Il fatto che non mi daranno mai un lavoro quasi scompare di fronte alla grinta che ho trovato dentro di me per affrontare le difficoltà. Non mi credevo così forte, non mi credevo così determinata, eppure ci sono riuscita.
Stringiamo i denti e tagliamo con classe questo ultimo traguardo.
Gli esami sono quasi meglio, uno si impegna, ma trova il tempo per vivere, al massimo rimedia una figuraccia il giorno dell'esame, ma niente di irreparabile -nella maggior parte dei casi.
La tesi sa essere distruttiva e non ci si può permettere di sbagliare.
Momenti in cui si vaga in un tunnel buio attendendo che un relatore impietosito si decida a dirti dove sta l'interruttore della luce, una corsa folle verso l'uscita per ritrovarsi nella medesima situazione poco dopo.
Uno ci prova anche ad arrangiarsi, ma ogni tanto un aiuto serve ed è anche dovuto.
A volte vorrei avere già finito il tutto, a volte invece guardo con nostalgia a ciò che accadrà di me dopo il fatidico giorno; al di là del "benvenuta nel mondo dei disoccupati", ho trovato una branca che mi piace tantissimo e grazie al cielo un ambiente di lavoro molto buono, con un relatore che sebbene evanescente come solo loro sanno fare, di tanto in tanto si degna di valutare i miei impulsi vitali, ed è incredibilmente competente. Cosa che naturalmente non fa che aumentare l'ansia e il desiderio di essere valutata bene da lui.
Ecco, rinunciare a lavorare in questo ambito mi dispiace davvero. Non pensavo di dirlo mai, soprattutto dopo la tragica esperienza maturata in triennale e durante i due successivi anni di specializzazione. Specializzazione di cosa poi? Università organizzate con i piedi, in cui uno può fare niente e uscire con una laurea in mano senza troppi inciampi.
Eppure si, mi sto trovando bene con il mio progetto, mi piace e vorrei continuare, ma l'unico modo conosciuto è una borsa o un contratto di ricercatrice.
Le speranze sono le ultime a morire, ma in un paese che si preoccupa della cultura come il nostro, ho idea che non siano neppure mai nate.
Così mi avvicino al traguardo altalenando attimi di euforia a momenti di sconforto quando il lavoro fatto sembra una briciola in un oceano di cose da fare. E il tempo scorre.
Nei pochi momenti che alzo la testa dalle miriadi di cose da fare, però, guardo indietro e sono soddisfatta. Soddisfatta di aver portato a termine un simile percorso e con ottimi risultati -almeno fino ad ora. Forse è vero, quasi tutti frequentano l'università, ma ciò nonostante non posso fare a meno di sentirmi bene notando il lavoro che ho fatto e come lo ho fatto. Come ripeto spesso io sono una persona scostante, portare a termine le cose non è da me, di solito mi perdo nel mentre e poi vengo attratta da altro. Ma sto per finire l'università, in tempi ottimali e con ottime votazioni. Incredibile!
Il fatto che non mi daranno mai un lavoro quasi scompare di fronte alla grinta che ho trovato dentro di me per affrontare le difficoltà. Non mi credevo così forte, non mi credevo così determinata, eppure ci sono riuscita.
Stringiamo i denti e tagliamo con classe questo ultimo traguardo.
lunedì 26 gennaio 2015
Un po' di me
Perchè mi viene in mente di aprire un blog quando dovrei scrivere una tesi, possibilmente in tempi brevissimi? Non ne ho la più pallida idea. Ma con me funziona sempre così, quando devo fare tassativamente qualcosa la mia mente partorisce altri mille progetti di gran lunga più divertenti.
Ormai sono abituata a farci i conti e forse è solo una normale strategia di difesa dallo stress eccessivo. Forse il blog terminerà nell'esatto momento in cui avrò in mano la mia tanto sudata laurea, o forse no, chissà. Adoro scrivere; cose a caso, cose sensate, articoli di vario tipo e via dicendo. Da tempo avrei voluto aprire un mio blog, ma di che cosa? Bella domanda. Non ho un interesse costante per qualcosa da poter condividere regolarmente con altre persone, non sono esperta di nulla, ma so un po' di tutto. Questa mancanza di ordine nel mio caos mentale ha fatto si che rimandassi per tanto tempo.
Come si fa ad aprire un blog se non si ha niente da dire? In realtà da dire avrei moltissimo e credo mi convenga rassegnarmi al fatto che questo spazio sarà un semplice guazzabuglio di idee e pensieri senza un probabile nesso logico.
L'idea per il titolo deriva semplicemente da una filosofia di vita che mi è molto cara, ossia il cercare di vivere appieno ogni momento della nostra vita. Non vale la pena perdere tempo a portare rancori verso qualcuno, la miglior cosa che possiamo fare per noi è accogliere tutto con un sorriso e dimenticarci di tutto il resto!
Inguaribile ottimista? O semplice buon senso? A voi l'ardua sentenza!
Un bacio
Life
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